24 novembre 2007

La moda va di corsa. E invade il mondo dello sport

Per i millenials (i nati dopo il 1982 e perciò maggiorenni solo nel nuovo millennio) la felpa è un capo, come la maglia, da indossare tutti i giorni. Così le sneakers, che in oltre il 70% dei casi (anche tra i non sportivi) rappresentano semplicemente le scarpe, e non quelle per fare ginnastica. Allo stesso modo il piumino è il giaccone per la stagione fredda, e ha ben poco a che vedere con la neve e la montagna.

Moda e sport, un connubio con cifre da capogiro, che rischia di far fuori le piccole aziende tecniche, se queste non dimostreranno di stare al passo coi tempi.

Questo il risultato di un’indagine condotta da Assosport (Associazione dei produttori di articoli sportivi) sugli orientamenti dei consumatori, nel settore dello sport-fashion. “C’era il bisogno di capire la reciprocità che legano il mondo della moda e quello delle aziende tecniche”, spiega Manuela Viel, direttrice di Assosport: “per seguire il consumatore bisogna tener conto dell’evoluzione storica di un prodotto, e questo è ciò che abbiamo fatto”.

Tre le generazioni analizzate dalla ricerca, che ha individuato le caratteristiche comuni (e, da qui, l’orientamento negli acquisti) dei boomers (i nati tra il 1944 e il 1960), dei genXers (nati tra il 1961 e il 1981) e dei millenials.

In base ai dati della ricerca, risulta che nell’ultimo quinquennio la spesa degli italiani nel settore dello sport-system è cresciuta del 7% (da 13,1 a 14 milioni di euro), ma l’aumento del fatturato è dovuto solo all’abbigliamento e non alla vendita di attrezzature tecniche: +5% sportswear, +29% abbigliamento neve, +12% moda mare, + 18% calzature.

In parole povere, ciò che attira i ragazzi nei negozi sportivi non è l’uso che si può fare del capo stesso, ma il suo marchio e la riconoscibilità che questo ha tra coetanei.

Come nel passato: se negli anni 80 diventavano dei must il piumino Moncler, le felpe Best Company e le Nike modello Blazer bianche e blu, nel decennio successivo, grazie alla tv e al successo dei programmi musicali, si sono imposti le Converse consunte e i jeans in stile grunge. Oggi, invece, T-Shirt, leggings e tessuti tecnici (il negozio di articoli sportivi è il più frequentato per il 52,1% degli under 25).

E per il domani? “Il fenomeno è complesso”, dice Manuela Viel, “perché racchiude i problemi della distribuzione, della segmentazione dei produttori, delle strategie di marketing e della capacità di reggere ai cambiamenti”. Come hanno fatto e stanno cercando di fare tante realtà, pronte ad invertire la rotta: “Aziende come Timberland hanno cercato di stare dietro al fashion, ma oggi provano a tornare sui loro passi. Alla lunga”, continua la direttrice di Assosport, “si è dimostrata vincente la scelta di chi ha mantenuto la propria identità, come Colmar, che si è orientata verso la moda ma non ha esagerato, al contrario di altri”.

Ma se, da una parte, gli storici marchi sportivi cercano di fare leva sulla tradizione, dall’altra le maison non stanno a guardare: “E’ più facile che uno stilista decida di disegnare capi sportivi, con successo, che non il contrario”.

E a poco servono gli studi sui materiali: “Oggi le grandi case di moda sono all’avanguardia anche per la ricerca tecnica”, avverte Manuela Viel. “I capi sportivi sono diventati capi di vita quotidiana”. Anzi: i più giovani non sanno qual è la differenza anche se, spesso, comprano solo cose di marca (nel 43,7% dei casi).

fonte: http://blog.panorama.it
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