30 giugno 2010

Gli 11 buoni motivi per cui dovrebbe dimettersi Abete dalla FIGC

Dal Mondiale alla mancata assegnazioni degli Europei: è un fallimento completo

Roma, 1° luglio 2010: la Federcalcio presenta Cesare Prandelli, nuovo commissario tecnico della Nazionale. Roma, 2 luglio 2010: il consiglio federale si riunisce per ascoltare la relazione del presidente Giancarlo Abete, sulla peggiore spedizione della Nazionale a una fase finale dei mondiali in cent'anni di storia della squadra azzurra. Abete, in carica dal 2 aprile 2007 dopo essere stato per dieci anni il vice di Franco Carraro, costretto a rassegnare l'incarico nell'estate 2006 in piena Calciopoli, non intende dimettersi. In Francia, invece, il presidente della federazione, Escalettes, ha lasciato il proprio incarico, anche sotto la pressione di Sarkozy, fuori dalla grazia di Dio per l'ignominiosa eliminazione dei Bleus, con tanto di rissa fra Anelka e il ct Domenech, ammutinamento della squadra contro Domenech, disastroso bilancio tecnico (pareggio con l'Uruguay, sconfitta con il Messico e con il Sudafrica).

Catastrofico, invece, può essere definito il consuntivo di Abete & Lippi (che Abete ha rivoluto ct, silurando Donadoni esattamente due anni fa, dopo che l'Italia era stata eliminata ai calci di rigore dalla Spagna, poi campione d'Europa e oggi nei quarti del mondiale. Lippi si è assunto tutte le responsabilità. Abete no. Ma Abete ha almeno 11 buoni motivi per andarsene, possibilmente assieme a Petrucci, presidente del Coni che in questo 2010 ha fallito le Olimpiadi Invernali di Vancouver e i mondiali di calcio in Sudafrica.

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