23 novembre 2010

L'allenamento in quota

Per molto tempo, le competizioni sportive in alta quota erano associate a un peggioramento della prestazione, tanto che vi furono numerose proteste in seguito all'annuncio che Città del Messico, situata a un altitudine di 2.240 m sul livello del mare, era stata scelta come sede dei Giochi Olimpici del 1968. Eppure, due atleti che parteciparono a quei Giochi furono entusiasti di gareggiare nell'aria rarefatta della capitale dello stato del Centro America: Beamon, che migliorò il primato mondiale del salto in lungo di circa 0,6 m e Evans, che abbassò il primato mondiale dei 400 m di 24 centesimi. Questi primati rimasero imbattuti per circa 20 anni, a dimostrazione del fatto che l'altura aveva favorito le prestazioni eccezionali ottenute in queste specialità definite esplosive e di durata relativamente breve.

MODIFICAZIONI FISIOLOGICHE
Il principale problema legato all'alta quota è la riduzione parziale dell'ossigeno, che si verifica in proporzione alla riduzione della pressione barometrica. La composizione dell'aria rimane relativamente costante, quindi la concentrazione dell'ossigeno nei gas atmosferici è sempre pari al 21% circa, indipendentemente dall'altezza sul livello del mare. La pressione atmosferica diminuisce, invece, con l'aumentare dell'altezza; pertanto diminuiscono, in proporzione, anche le pressioni parziali di tutti i gas che compongono l'atmosfera. L'allenamento in quota induce modificazioni significative nei meccanismi bioenergetici e provoca variazioni a livello cardio-circolatorio.

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