5 agosto 2009

Lo sport è sempre più donna perchè vincono di più

La morale dei mondiali di nuoto, in ottica italiana, è la seguente: la donna è talmente mobile che se la fai scivolare in acqua un istante dopo averla svegliata di soprassalto comincia a frullare piedi e mani secondo una logica, rispettando la morfologia, la bio-meccanica e la tecnica, anche se magari non c'è niente da vincere. Perché è forte, motivata, perché nell'agonismo e nella prestazione vede una casa, due case, perché qualcuno (un tecnico di solito) le è stato accanto, l'ha vista crescere, migliorare, sfondare. E le ha insegnato a soffrire, a capire meglio se stessa, a riconoscere i messaggi del proprio corpo: accelera, rallenta, gestisci. Tecnici come padri (Castagnetti), padri come tecnici (Cagnotto).

La nostra atleta, giovane, meno giovane, star o moderatamente "coatta", carica di sensibilità oppure un po' burbera, ancora acerba, è un vanto dal quale non è più possibile prescindere, a meno di non considerare il fattore M, il fattore medaglia, un dettaglio marginale nell'era della globalizzazione: "E noi stiamo costruendo il nostro futuro sportivo proprio sul mondo femminile", spiega Raffaele Pagnozzi, segretario generale del Coni. Chiamatelo, se volete, fattore D, D di donna. "Abbiamo avuto modo di constatare che il mondo agonistico degli uomini non è sempre alla portata dello sport italiano. Per questo, da anni ormai, stiamo cercando una sorta di specializzazione al femminile. Cerchiamo di stimolare le sensibilità di chi pratica e gestisce lo sport di base, attraverso le federazioni: puntate, se potete, soprattutto sulle ragazze, diciamo loro. E i risultati sono quelli che abbiamo visto al Foro Italico".

Numeri, statistiche, fisiologia, tecnologia applicata e anche un pizzico di furbizia. Lo diceva anche Pescante negli anni Ottanta: «Fra maschi la concorrenza è altissima, dobbiamo pensare alle ragazze. Sono loro che ci regaleranno le future medaglie». Aveva ragione. Restringi il campo, perfeziona i metodi di allenamento, cerca i talenti, esaltali. Un gioco di squadra partito da lontano, negli anni in cui Fiona May era ancora inglese, Josefa Idem parlava solo tedesco, Valentina Vezzali tirava da sola in mezzo a una classe di coetanee terrorizzate dal fioretto e Federica Pellegrini stava appena nascendo. «Lo sport al femminile sarà al centro di un seminario previsto per il 13 ottobre, "Sport e Donna"», annuncia Pagnozzi, forte delle sue donne già vincenti: le pallavoliste, il Setterosa, le tenniste della Fed Cup. Tutte ancora in salute e cariche di prospettive.

La connection di sport, donna, medaglie, successi extrasportivi, copertine e sponsor (eloquenti le parole del signor Mizuno su Federica) ha una storia recentissima. Cinque sei anni al massimo. Prima le esperienze erano belle ma isolate (Fiona May). Alcune discipline andavano un po´ per conto loro (lo sci di fondo di Di Centa-Belmondo, lo slalom della Compagnoni, la scherma di Vezzali-Trillini). Sganciate dalla realtà. Più indietro ancora, 40/50 anni fa, c´era il deserto. Alle Olimpiadi di Roma gli azzurri erano così spaventosamente distribuiti: 241 uomini e appena 34 donne. A Pechino l´esercito maschile è dimagrito di parecchio (215) mentre le donne si sono più che quadruplicate (131). Qualcosa vorrà dire. Per la prima volta in Cina, nei Giochi estivi c´è stato un significativo pareggio di medaglie d´oro: quattro vinte dagli uomini (Tagliariol, Minguzzi, Schwazer, Cammarelle), quattro dalle ragazze (Quintavalle, Vezzali, Pellegrini, Cainero). A Roma, di 13 medaglie d´oro e di 11 d´argento, non ce n´era una conquistata da una donna: Giuseppina Leone arrivò terza nei 100 e terzo fu il fioretto a squadre di una giovanissima Antonella Ragno. E bisognava pure essere contenti. L´anno 2009 resterà impresso anche per un´altra "prima volta": non era mai accaduto che ai Giochi del Mediterraneo (quest´anno a Pescara) gli ori femminili superassero quelli maschili (34 a 30). Un trend che non ha precedenti, all´infuori di due edizioni dei Giochi invernali di Lillehammer nel 1994 e Salt Lake City nel 2002, gli unici eventi internazionali che annunciarono, in un certo senso, che le cose potevano prendere anche una piega diversa: 4 ori a 3 in Norvegia, 3 a 1 negli Stati Uniti.

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