2 marzo 2010

Vancouver 2010 - cosa rimane dopo le Olimpiadi

Cala il sipario sui XXI Giochi Olimpici Invernali e ci si interroga sul futuro. Un'edizione non entusiasmante, soprattutto per quanto riguarda i colori azzurri. La spedizione italiana torna a casa con poche medaglie (1 oro, 1 argento e 3 bronzi), qualche quarto posto e soprattutto il grande rammarico di non essere riuscita neppure ad avvicinare i successi ottenuti a Torino 2006.

Eppure gli atleti azzurri erano partiti bene, con quattro medaglie conquistate nelle prime giornate di gara. Sebbene 'il cannibale' Armin Zoeggeler, uno dei favoriti nello slittino maschile, abbia concluso la prova con un terzo posto che gli andava un po' stretto, risultati totalmente inattesi, ad eccezione dell'oro nello slalom di Giuliano Razzoli, del secondo posto nella 15km tecnica libera di fondo con Pietro Piller Cotrer, sono arrivati con Alessandro Pittin (terzo nella combinata nordica) e Arianna Fontana (non ancora 20enne, capace di conquistare un bronzo nello short track), facendo ben sperare nel prosieguo della manifestazione. Delusione, invece, per Enrico Fabris nello short track e Carolina Kostner nel pattinaggio e, nel complesso, per la spedizione azzurra in generale.

Tante le critiche giunte anche agli organizzatori di Vancouver. Già prima della cerimonia inaugurale l'ira funesta della sorte si è abbattuta sui Giochi. Il 22enne georgiano, Nodar Kumaritashvili, muore in pista durante le prove di slittino andando a sbattere contro un palo di cemento, che forse non doveva stare lì, ad una velocità di circa 140 km/h. Il cerimoniale va avanti come se nulla fosse accaduto. Non si accenna alla tragedia, non si rinuncia alle manifestazioni 'spettacolari' (come i fuochi d'artificio). Doveva essere una festa ma aveva un altro sapore. Solo un minuto di silenzio per ricordare Nodar. E poi le condizioni atmosferiche. La pioggia, la mancanza di neve, le temperature primaverili che hanno costretto gli atleti a gareggiare con le maniche rimboccate e, in alcuni casi, hanno fortemente inciso sul risultato finale. Per non parlare delle piste, come quelle di gigante e slalom, decisamente penalizzanti per gli atleti più tecnici.

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